Lesione iatrogena

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Risarcimento danni Lesione iatrogena: Il fatto.

L’associazione ha trattato con successo la vicenda umana e sanitaria di un brav’uomo, dirigente statale in pensione.

Il paziente aveva programmato con i sanitari l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale. Durante l’atto operatorio, le manovre di liberazione del muscolo retto-uretrale particolarmente indaginose provocavano una lesione lineare dell’ampolla rettale. La lesione del retto determinava la formazione di una fistola retto-uretrale con secrezione mucosa urinaria. I sanitari, che non riscontravano il passaggio di feci, né il passaggio di urine nel retto, ritenevano opportuno un secondo intervento. Successivamente, dopo pochi giorni, il paziente tornava in camera operatoria. Si individuava modesto tramite fistoloso immediatamente distale rispetto al collo vescicale e si procedeva ad obliterazione della fistola. Il paziente quindi veniva dimesso ma nei mesi successivi, proprio a causa della fistola retto-uretrale, andava incontro a ripetute e perduranti infezioni urinarie con febbre. L’esame colturale delle urine rivelava la presenza di Enterobacter Faecalis e di Pseudomonas Aeruginosa.

Il paziente spossato da settimane di febbre di tipo urosettico resistente alla comune terapia antibiotica, si recava presso il pronto soccorso senza ricevere le adeguate cure. I sanitari si limitavano a somministrargli degli antibiotici utili a contrastare l’infezione alle vie urinarie ma non ad eliminare la causa dell’infezione stessa.

Il permanere della fistola retto-uretrale però determinava il continuo ripetersi di episodi infettivi a carico delle vie urinarie, con febbre anche molto elevata. Il paziente faceva ricorso, di volta in volta, ad antibiotici ma si trattava di meri palliativi, utili cioè a curare l’infezione ma non ciò che la scatenava.

Il paziente, su disposizione di una diversa struttura sanitaria, si sottoponeva a uretrocistografia. L’esame confermava ciò che i numerosi episodi infettivi, successivi all’intervento di prostatectomia, avevano fatto sospettare: la colla biologica non aveva risolto il problema, permanendo infatti uno stabile collegamento tra apparato urinario e colon con tutte le conseguenze infettive patite dal paziente nel corso dei mesi e delle settimane precedenti.

Poi la situazione precipitava e il paziente era costretto a ricorrere più volte alle cure del pronto soccorso. Recatosi nuovamente nell’ospedale che lo aveva operato inizialmente (il paziente pretendeva di essere curato adeguatamente dai sanitari che lo avevano trattato chirurgicamente) non riceveva cure adeguate e non veniva più ricoverato.

Sentitosi abbandonato, si fece accompagnare presso un’altra struttura sanitaria privata e lì -finalmente- si comprendeva che la contrazione completa della diuresi era da ricondurre ad un’intervenuta condizione di sepsi.

Ricoverato d’urgenza era sottoposto ad un complesso intervento chirurgico: cistectomia con confezionamento di un condotto ileale e colostomia.

La descrizione dell’intervento chirurgico fotografava in maniera impietosa la drammatica situazione in cui versava il paziente dopo mesi di cistiti recidivanti e resistenti ad antibioticoterapia, cioè dopo mesi in cui l’organo era stato oggetto di ripetuti processi infettivo-infiammatori a causa dei batteri che, grazie al tramite fistoloso, riuscivano agevolmente a raggiungerlo.
Il paziente, dopo tre settimane in terapia intensiva ed un secondo ingresso in camera operatoria per il riconfezionamento del condotto ileale e della colostomia e per il confezionamento di un’ileostomia di scarico resasi necessaria a seguito di peritonite, veniva dimesso e aveva salva la vita.

La Commissione Medica per l’accertamento degli stati di invalidità civile dichiarava il paziente in quanto soggetto uro- ed entero-stomizzato, portatore di tre sacchetti per la raccolta delle proprie deiezioni (due sacchetti per le feci ed uno per le urine), persona invalida al 100% con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

La responsabilità.

L’interessato si rivolgeva con grande fiducia al nostro team di SanaSanitas perché era determinato ad avere giustizia (forse era spinto più da motivazioni morali che economiche essendo egli un soggetto benestante).
Ai nostri esperti le responsabilità sono apparse subito chiare: la struttura sanitaria aveva commesso un errore chirurgico importante a cui non aveva saputo porre rimedio.
La lesione lineare inferta all’ampolla rettale nel corso dell’intervento di prostatectomia aveva determinato la formazione della fistola retto-vescicale con conseguenti processi infettivo-flogistici recidivanti a carico della vescica.

L’organo, sottoposto a cistite cronica, è andato progressivamente deteriorandosi, con fibrosi della lamina propria e fibrosi inter- e infra-fascicolare della tonaca muscolare, fino alla totale perdita della funzionalità con la contrazione completa della diuresi.

I medici che hanno soccorso all’ultimo momento utile il paziente, accertata la compromissione della vescica nonché una condizione di sepsi, non potevano fare altro che asportarla confezionando per il paziente un’urostomia che consentisse, sebbene in modo diverso da quello fisiologico, la fuoriuscita delle urine.

Non solo, in considerazione della situazione infettiva, si rendeva necessaria una colostomia.

In seguito, non solo l’urostomia ma anche la colostomia diventava irreversibile costringendo il paziente a convivere – per tutto il resto della sua vita – con ben tre dispositivi di raccolta, per feci e urine.

È facile intuire come tutto ciò abbia notevolmente peggiorato la qualità di vita del paziente. Egli ha perduto la possibilità di controllare le proprie deiezioni (automaticamente raccolte nei sacchetti), ha dovuto imparare a gestire le stomie (la cui manutenzione è fondamentale per evitare infezioni), ha dovuto fare i conti con una nuova immagine di sé e intraprendere un complesso, delicato percorso di adattamento psicologico e sociale alla sua nuova condizione.

 

Il Processo civile.

 

A seguito di lettera di contestazione dei fatti la struttura sanitaria rimaneva silente (condotta che l’azienda manterrà sempre nel corso degli anni, fino all’esito dell’ordinanza di pignoramento, richiesta ed ottenuta dal nostro avvocato, nei confronti dell’istituto di credito tesoriere dell’azienda sanitaria).

L’azione giudiziaria veniva avviata con il supporto scientifico del nostro team medico legale e del nostro fiduciario, primario di chirurgia generale, unitamente al responsabile dell’area legale dell’associazione.

Giuridicamente si osservava che, nel caso di specie, risultavano provati documentalmente: 

  • a) l’esistenza del rapporto di cura;
  • b) l’insorgenza, a causa della lesione inferta all’ampolla rettale nel corso dell’intervento chirurgico e degli inefficaci rimedi adottati in seguito per riparla, di una fistola retto-uretrale che, consentendo il continuo passaggio dei batteri dall’intestino alle vie urinarie, ha esposto il paziente a recidivanti cistiti resistenti a terapia antibiotica con conseguente compromissione della struttura e della funzionalità della vescica e necessità di sottoporre il paziente, ormai in pericolo di vita per stato settico, all’asportazione della stessa e a confezionamento di ureteroileocutaneostomia e colostomia. Successivamente, tanto l’ureteroileocutaneostomia (necessaria per fare uscire le urine dopo l’asportazione della vescica) quanto la colostomia (attraverso cui fare uscire il materiale fecale) diventavano definitive;
  • c) l’inadempimento dei medici, concretizzatosi: nella scorretta esecuzione dell’intervento di prostatectomia radicale e nell’inadeguata assistenza fornita al paziente dopo la lesione inferta all’intestino retto;
  • d) il nesso di causalità materiale tra la condotta dei medici e la lesione alla salute del paziente (è l’erronea manovra chirurgica, come riportato nella stessa scheda dell’intervento, a determinare la lesione dell’ampolla rettale ed è l’inefficace assistenza prestata al paziente in seguito a fare degenerare la situazione fino al punto di rendere obbligatoria l’asportazione della vescica e il confezionamento di ureteroileocutaneostomia e colostomia);
  • e) il nesso di causalità giuridica tra la lesione inferta all’intestino retto del paziente e il gravissimo danno conseguente per cui l’interessato chiede di essere risarcito nel giudizio (la lesione all’ampolla rettale, non correttamente suturata, ha determinato la formazione di una fistola retto-uretrale, cioè di un collegamento patologico fra intestino e vie urinarie con conseguente, persistente, passaggio di batteri dal primo verso le seconde.

 

In ordine all’accertamento del nesso causale, se i medici avessero eseguito correttamente e diligentemente la loro prestazione professionale (non ledendo l’ampolla rettale e assistendo successivamente il paziente in maniera adeguata) è più probabile che non si sarebbe prodotto, in capo al paziente, il gravissimo danno permanente per cui egli chiede di essere risarcito (asportazione della vescica e necessità di utilizzare dei sacchetti per la raccolta di feci e urine), che non il contrario.

Si richiedeva pertanto il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e più precisamente il danno biologico, il danno morale, il danno esistenziale oltre al danno patrimoniale. Tutti le istanze erano provate e quantificate.

Le controparti del processo richiedevano l’assoluzione e/o la limitazione delle responsabilità alla lesione inferta escludendo dal novero dei danni l’asportazione della vescica e il confezionamento di ureteroileocutaneostomia e colostomia.

La sentenza dava pienamente ragione al paziente riconoscendogli tutte le voci di danno richieste prevedendo anche una generosa valutazione nella liquidazione del danno morale.

In totale al paziente fu riconosciuto il risarcimento di tutti i danni quantificati in un milione e trecentomila euro.

La controparte propose appello che fu integralmente rigettato dal giudice di secondo grado.

La vicenda umana del paziente -a noi dell’associazione- ci ha particolarmente colpiti, non soltanto perché ha patito un gravissimo danno che ha sconvolto la vita del paziente e quella della sua affezionatissima moglie ma –soprattutto- perché il paziente ha affrontato questa dura prova della vita con dignità, coraggio e ottimismo.

 

SanaSanitas conserva un caro ricordo ed ha grande stima per questo uomo, vittima della malasanità, che oggi purtroppo non c’è più.

 

Riferimenti giurisprudenziali

Primo grado – sentenza n. 1509/2017 Tribunale di Roma

Secondo grado – sentenza n. 5565/2022 Corte di Appello di Roma

Legal Team Sanasanitas

Autore: Area legale
Ass. Sanasanitas

I nostri professionisti Avvocati e Medici Legali sono gli autori degli articoli che pubblichiamo, essi sono professionisti altamente qualificati e già affermati nella loro attività lavorativa. 

Tutti gli avvocati sono specializzati nella materia della responsabilità sanitaria a cui dedicano molto tempo, specie per l’approfondimento di tematiche complesse, soprattutto riguardanti la tutela dei diritti dei pazienti e le questioni legate alla responsabilità medica. Tutto il team è consapevole del fatto che un errore chirurgico e/o medico può avere effetti nefasti sulla salute del paziente e di riflesso su tutto il suo nucleo familiare. Per questo collaborano con noi con grande partecipazione e spirito di giustizia, sottoscrivendo la convenzione con la nostra associazione.

La sezione dei casi risolti del blog è dedicata agli articoli a alle news nel campo medico-legale. Qui troverete informazioni, aggiornamenti e approfondimenti su tematiche legale alla responsabilità medica, malasanità, diritti dei pazienti e molto altro ancora.

La sezione dei casi di successo è dedicata a raccontare storie di pazienti che hanno ottenuto giustizia e risarcimento per i danni subiti a causa di malasanità. In tutte queste vicende, i nostri fiduciari convenzionati si sono impegnati a rappresentare le ragioni dei pazienti per dimostrare la negligenza medica e gli errori commessi dai sanitari coinvolti.

Aggiorniamo la sezione con le storie vere di persone che hanno visto definita la loro vicenda in sede giudiziaria. 

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Se hai subito danni a causa della malasanità o hai bisogno di assistenza legale in materia, ti invitiamo a contattare Sanasanitas per una consulenza gratuita. I nostri esperti legali valuteranno il tuo caso, ti guideranno attraverso le possibili opzioni legali e ti supporteranno nel perseguimento del risarcimento che meriti. Siamo qui per aiutarti e faremo del nostro meglio per ottenere il giusto riconoscimento per i danni subiti a causa della malasanità.
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