DANNO DA PERDITA PARENTALE E PRESCRIZIONE

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Nel caso in cui il paziente sia deceduto e il familiare, sia esso figlio o fratello o genitore, intenti un’azione giudiziaria nei confronti della struttura sanitaria al fine di ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ci si può trovare di fronte ad una interpretazione del diritto incerta.
Vi sono sentenze della Suprema Corte che qualificano tale istanza come rientrante nella categoria del danno extracontrattuale ed altre che la fanno rientrare nella categoria del danno contrattuale.
Le differenze, a livello giuridico, sono molteplici ed è certamente più favorevole per il danneggiato fare rientrare la fattispecie nella categoria del danno contrattuale.
Sempre più spesso, per ovvie ragioni, le strutture sanitarie eccepiscono la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale sull’assunto che la richiesta, proveniente dal terzo danneggiato, è idonea a modificare la natura della responsabilità, da contrattuale ad extra-contrattuale, integrando un atto illecito punibile ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ.
La giurisprudenza ritiene pacifico fare rientrare nella categoria della responsabilità contrattuale l’evento dannoso dal neonato che rifletterebbe i suoi effetti nella sfera dei genitori in forza del loro rapporto qualificato con il danneggiato. Invece, quando ad essere danneggiato è il genitore oppure il figlio, secondo alcune sentenze, la responsabilità è di natura aquiliana.
Tale interpretazione non convince. La sfera dei diritti Costituzionalmente protetti -sia dei genitori che dei figli- è la medesima e non vi sarebbe logica nel proteggere in maniera più forte soltanto il rapporto nascituro-genitore, poiché si arriverebbe all’illogica conclusione che il genitore può, per il danno patito dal proprio figlio, fare valere una responsabilità contrattuale se si trattava di un nascituro e (solo) una responsabilità extra-contrattuale in caso di figlio non nascituro. Addirittura si offrirebbe una tutela rafforzata (con inversione dell’onere della prova e termine prescrizionale decennale) al rapporto tra genitore e figlio deceduto alla nascita, ossia ad un rapporto (tra genitore e figlio) che non è mai nemmeno venuto ad esistenza mentre si offrirebbe una tutela attenuata (quella della responsabilità extra-contrattuale) per il rapporto consolidato di affetti tra un genitore e il figlio non nascituro.
Talune sentenze non tengono conto di questa asimmetria e giustificano la loro decisione rilevando che, in linea di principio, non è in discussione la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente. In particolare, si richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale” (Cass. civ. n. 18610/2015).
La domanda iure proprio avanzata da soggetti terzi rispetto al rapporto contrattuale tra paziente e struttura sanitaria non assume tratti ostativi nella misura in cui l’efficacia del contratto – normalmente circoscritta alle parti in base alla regola generale di cui all’art. 1372 c.c. – può, in limitati casi, estendersi a favore di terzi. Solo però se si tratta di soggetti legati alle parti stesse da un particolare rapporto qualificato (in linea con Cass. civ. n. 20320/2005, Cass. civ. n. 16754/2012 nelle quali si è riconosciuto il diritto al risarcimento per i danni al nascituro a favore del padre e dei fratelli).
Alcune sentenze hanno escluso che ricorressero i requisiti per la configurazione del rapporto intercorso tra la struttura sanitaria convenuta e il paziente deceduto in termini di contratto con effetti protettivi in favore dei figli ultratrentenni dello stesso, in quanto il pregiudizio non patrimoniale da lesione del rapporto parentale lamentato è estraneo alla sfera di operatività del contratto.
La responsabilità dell’azienda ospedaliera viene ricondotta, in tali casi, nell’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 2043 Cod. Civ.. Da ciò deriva, oltre a una diversa distribuzione dell’onere probatorio (rispetto all’art. 1218 c.c.), anche l’applicabilità del termine di prescrizione di cui all’art. 2947 Cod. civ, ossia un termine quinquennale.
Legal Team Sanasanitas

Autore: Area legale
Ass. Sanasanitas

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